Selfie antimafia: Francesco Saverio Calcara scrive alla Petyx

Come già avvenuto nel 2018 ​il docente e uomo di cultura ha scritto una lettera aperta a Stefania Petyx

Redazione Prima Pagina Belice
Redazione Prima Pagina Belice
30 Gennaio 2023 12:33
Selfie antimafia: Francesco Saverio Calcara scrive alla Petyx

Cara Stefania, ovviamente mi sono profondamente vergognato per quello che ti è successo a Campobello l’altro pomeriggio. Certi gesti vanno condannati senza se e senza ma, a prescindere appunto. 

Detto questo, non mi è piaciuto che tu sia ritornata a Castelvetrano e poi a Campobello col famigerato cartello, e adesso torno a spiegarti perché, se ti avessi incontrata, nemmeno io avrei acconsentito a farmi immortalare con te, anche se, bontà tua, questa volta non siamo stati del tutto bocciati, ma, per così dire, rimandati a settembre. 

Ti avrei ricordato innanzitutto che quella frase – la mafia fa schifo – campeggiava a Palermo in centinaia di manifesti commissionati da un presidente di regione che poi si fece qualche annetto di galera per concorso esterno con la criminalità organizzata. Ti avrei detto poi che tu non puoi venire nella mia città a fare la maestrina che costringe il discolo scolaretto a scrivere cento volte sul quaderno una frase edificante per dimostrare di essersi pentito e di voler tornare a fare il buono. Avrei cercato di farti capire che né io né la stragrande maggioranza dei miei concittadini abbiamo nulla da farci perdonare, ti avrei detto che, in tempi non sospetti, quando ancora il latitante era tale e poteva far paura, in tanti abbiamo sfilato per le vie della nostra città e abbiamo pronunciato chiaramente il suo nome e cognome. 

Peccato che né tu né tutti gli altri esponenti della grande stampa nazionale, che in questi giorni ci stanno massacrando, c’eravate. Ti avrei detto che, in ogni caso, non basta un autoscatto per affermare la propria onestà, come non bastò a Reina la dichiarazione, resa davanti ai giudici, di essere un semplice agricoltore e non il capo di cosa nostra. Ti avrei ricordato che l’antimafia si fa con i comportamenti, con i fatti concreti e non con le goliardate demagogiche e che, in ogni caso, eri nel posto sbagliato. Pensi davvero che Castelvetrano sia la capitale della mafia, i cui abitanti vanno dunque trascinati sulla pietra del vituperio nazionale, a cui chiedere pubbliche, solenni, continue e telematiche attestazioni di fede legalitaria? 

Nell’era del villaggio globale, non trovi grottesco venire a cercare a Castelvetrano la “cappa” della mafia, quando oggi gli interessi di cosa nostra sono legati ai grandi traffici del riciclaggio, della droga, delle armi, dei clandestini, “affari” che si gestiscono per via elettronica e che hanno probabilmente la loro sede nelle capitali della grande finanza?

Forse avresti dovuto chiedere la foto sotto altri palazzi e a gente incravattata e con grisaglie firmate, piuttosto che continuare nel patetico esercizio di scovare l’ omertoso con la coppola o l’imbecille di turno, che ingenuamente o stupidamente si prestano alla trappola mediatica. Essere la patria dell’ex grande latitante non significa niente, come niente significa dire di essere la patria di Giovanni Gentile, o vantare i nostri monumenti, il paesaggio, Selinunte, Triscina e via ripetendo. 

Non serve a nulla, neppure, proclamare di essere persone per bene e farsi fotografare con un cartello al collo – lo dico con tutto il rispetto per chi lo ha fatto e le cui motivazioni comprendo – perché, nel nostro caso, nemmeno l’onestà personale è più sufficiente. In una città avvilita, privata dei servizi essenziali, bersagliata e mortificata in ogni modo, occorre una forte ripresa della politica, che sia davvero strumento di selezione di una classe dirigente la migliore possibile e non tavolo di spartizione d’incarichi e prebende; una ripresa che passa inevitabilmente da una sorta di rivoluzione culturale alla quale le energie migliori di questa città non possono sottrarsi; una rivoluzione che lo Stato, in tutte le sua articolazioni, deve favorire e non ostacolare.

Questo e altro avrei voluto dirti, cara Stefania, ma, ovviamente, parlando io un passabile italiano, e argomentando fuori dalla vulgata, la mia intervista, come già in passato, sarebbe stata inesorabilmente tagliata. E comunque, saluti a te una carezza al bassotto.

Francesco Saverio Calcara 

Foto gallery

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza