Questa settimana la programmazione delle Orestiadi, eccezionalmente, inizia il giovedì, per presentare un progetto in prima nazionale, il nuovo spettacolo di Gaspare Balsamo, un progetto originale, uno spettacolo teatrale in forma di cunto, poesia e musicadal titolo“Cunto saraceno”scritto e interpretatodaGaspare Balsamo,con le musiche dal vivo di Cesare Basile e Giovanni Arena (giovedì 10 luglio alle ore 21.00).
Per la prima volta a Gibellina il regista cinematografico palermitano, Luca Guadagninoche, con la complicità di Stella Savino, si confronta con il testodi Antonio Tarantino “Stabat Mater” (venerdì 11 luglio alle 21.00) interpretato in scena da Fabrizia Sacchi. Ad anticipare, alle 19.30, presentazione del libro di Vincenzo Santoro, Il Tarantismo Mediterraneo, Una cartografia culturale (ItineArti edizioni).
Sabato 12 luglio (ore 21.00) l’atteso ritorno, a Gibellina, di Ascanio Celestini con il suo nuovo spettacolo “Poveri Cristi” con le musiche dal vivo di Gianluca Casadei, per trovare le parole per raccontare questi poveri cristi che non hanno una lingua per raccontarsi che non sia quella della pietà. Lo stesso giorno, alle 19,30, Ugo Giacomazzi e Luigi DI Gancipresentano il loro nuovo lavoro con la compagnia di ragazzi e ragazze Down, Ivan Dragotta, Alberto Esposito, Salvatore Leone, Giuseppe Lucchese, Matteo Richiusa, Vincenzo Sicola, “Mezzi sogni d’estate”, sulle orme di Shakespeare rimescolando le carte del Sogno di una notte di mezz’estate.
Cunto saraceno - vita miracoli e morte di Gesù Giufà Orlando (giovedì 10 luglio – Pima Nazionale alle ore 21.00) di e con Gaspare Balsamo, musiche scritte e eseguite dal vivo da Cesare Basile e Giovanni Arena, light designer Alessandro Arena, scene e costumi Gaspare Balsamo, è uno spettacolo teatrale in forma di cunto e musica. Il testo si ispira liberamente ad alcune parti delle Novelle saracene dello scrittore siciliano, più volte candidato al Nobel per la letteratura, Giuseppe Bonaviri. Una ispirazione letteraria e orale in cui confluiscono secoli di storia fatta in Sicilia da greci, arabi, normanni, spagnoli. Una storia insolita attraverso una lingua nativa, materna, vibratile e emotiva, e che riscopre un’area, spesso ignota, della favolistica siciliana su cui autori, scrittori, folkloristi non hanno sempre lavorato.
È ambientato in un Medioevo siciliano al contempo reale e assurdo, dove troviamo i nostri protagonisti Gesù e Giufà, saraceni, morischi e musulmani, che assieme al paladino Orlando vengono perseguitati dal re Federico II re e dal Papa santità che rappresentano e sono i simboli e i difensori della cristianità.
Le parole e i fatti delle Novelle saracene di Bonaviri, che hanno ispirato quelle di Cunto saraceno, sono una chiara dimostrazione della sopravvivenza in Sicilia, per lunghi secoli, della tradizione e cultura islamica profondamente radicata nell’isola. Una sopravvivenza che ci trasmette, testimonia, riflette e restituisce una figura di Gesù sicuramente islamizzata, un Gesù musulmano, un Gesù che parla e dialoga anche all’islam e che ci permette oggi, in questa particolare prospettiva, di dare anche una risposta alternativa all’appello di Papa Francesco quando chiede agli artisti di consegnarci un nuovo volto di Gesù.
Inoltre, lo scenario narrato, che è quello della cacciata e della persecuzione di un popolo dalla propria terra con la cancellazione della propria matrice culturale, è oggi argomento più che mai attuale e tragico. Tale dimensione irrompe nel racconto violentemente e drammaticamente come un grido e una bandiera di pace e speranza attraverso un cunto poetico civile e sacro.
Stabat Mater (venerdì 11 luglio alle 21.00), adattamento in napoletano di Stella Savino e Fabrizia Sacchi, con la regia Luca Guadagnino con Stella Favino, con Fabrizia Sacchi e con Emma Fasano,
è una preghiera di origine medievale che fa riferimento alla permanenza di Maria di Nazareth ai piedi della croce del Cristo, titolo ricorrente in letteratura e in arte, topos metaforico di una condizione di sofferenza estrema che designa il lato profondamente umano dell’episodio evangelico. La Madre che sta ai piedi del figlio morente è parte fondante dell’iconografia e della stessa religione cristiana, ma è anche – in termini laici – simbolo della maternità che vive la innaturale situazione di vedere un figlio morire dinanzi ai propri occhi.
Maria Croce è una donna sola, emigrante del sud a Torino, che urla, vomita al mondo, soprattutto all’amore della sua vita, a Giuvà, la sua disperazione, e lo fa con grazia e sarcasmo, nel suo dialetto, in napoletano.
L’idea di “Poveri Cristi” di e con Ascanio Celestini, musica dal vivo di Gianluca Casadei alla fisarmonica (sabato 12 luglio - ore 21.00), è quella di trovare le parole per raccontare i poveri cristi che non hanno una lingua per raccontarsi che non sia quella della pietà.
E invece il narratore di questo spettacolo li racconta come santi perché́ ogni giorno fanno il miracolo di restare al mondo. Di essere i migliori del circondario. “Ci sono tanti modi per raccontare questa classe sociale – spiega Celestini - ma la più̀ rispettosa, per me, è quella che usa le loro parole. Così, in questi ultimi 10 anni, sono andato intervistare (intervista significa ‘incrocio di sguardi’) i facchini eritrei che movimentano i pacchi nei magazzini della logistica sulla Tiburtina a Roma, il becchino del cimitero di Lampedusa, la donna che mostra la foto del ragazzo affogato nel naufragio del 3 ottobre 2013, ecc.
Poi riascolto tutte queste voci e comincio a raccontarle”.
“La Storia la scrivono i vincitori – prosegue l’attore -. La Storia la scrive chi la sa raccontare. Perciò è compito nostro, di noi scrittori, di noi autori, scrivere la storia di tutti. Soprattutto di quelli che non la sanno scrivere come Sisto che non era poeta, ma era un bravo elettricista. Qui per me c’è la vera contaminazione culturale, quella tra lo scrittore e l’elettricista, tra l’autore e i facchini eritrei, tra il musicista e il becchino del cimitero di Lampedusa. Quando penso allo spettacolo non penso al “pubblico”. Il “pubblico” è già una comunità. Io penso allo “spettatore”. Cioè a quello che arriva da solo. Il mio spettatore non è il letterato colto che ha letto la Recherche di Proust e cita Pasolini perché il padre è stato menato nel marzo del ’68. Il mio spettatore si è fatto una doccia veloce e ha parcheggiato in seconda fila per vedere il mio spettacolo in uno spazio raffazzonato in periferia”.
Sabato 12 luglio, alle 19.30, Ugo Giacomazzi e Luigi DI Ganci presentano il loro nuovo lavoro, in prima nazionale, “Mezzi Sogni d’estate”(Teatrialchemici/Dadadà) con la compagnia di ragazzi e ragazze down, Ivan Dragotta, Alberto Esposito, Salvatore Leone, Giuseppe Lucchese, Matteo Richiusa, Vincenzo Sicola, “Mezzi sogni d’estate, progetto realizzato con i fondi dell’otto per mille della Chiesa Valdese, in prima nazionale.
Il tema centrale della commedia è lo sconvolgimento dei sentimenti, l’ambiguità del desiderio, la metamorfosi del reale — tutto ciò che, nelle credenze popolari, accadeva quando il mondo era in equilibrio precario tra luce e buio, giorno e notte. E ci ricorda molto il periodo storico che stiamo vivendo adesso. Shakespeare ci porta nei meandri dei sogni, dei boschi, in un periodo dell’anno in cui l’inconscio si fa più vivo e presente e reclama di essere riconosciuto come nostra parte fondamentale. I nostri attori/artigiani rappresentano dunque quell’inconscio collettivo che si serve del Teatro per manifestarsi e lanciano segnali di lucidità, di fede in un atto dissacrante quanto necessario, sono lì per dirci che un pensiero diverso, anarchico e sobillatore è necessario specialmente quando una società è ipnotizzata dalla iperrealtà che le viene proposta dalla politica e dalla cultura di massa, sempre più violenta e distruttiva.
INFO per biglietti: I biglietti sono acquistabili online sul sito www.fondazioneorestiadi.it